L’Avvento, tempo di cambiamento… anche nella pastorale!
Recuperare e accettare la dimensione “peregrinante” e “vigilante” della nostra fede e del nostro agire pastorale
ll tempo dell’Avvento può dare un secondo e fondamentale contributo a questa riflessione: tutta la liturgia di queste quattro settimane è un appello a superare il ristagno, l’indifferenza, la freddezza di cui spesso siamo vittime.
Metterci in movimento significa riscoprirci pellegrini, in cerca di una meta. Un pellegrinare in cui siamo chiamati sempre più consapevolmente a pensarci come popolo di Dio in cammino. Un pellegrinare che non è un vagare smarriti senza bussola e senza meta per le strade del mondo: abbiamo una “lampada ai nostri passi”: è Cristo, la luce che illumina il nostro cammino.
Dagli scritti di Bernardo di Chiaravalle
Fratelli, è giusto celebrare la venuta del Signore con tutta la devozione possibile, tanto ci rallegra la sua consolazione e […. ] tanto brucia il suo amore nel nostro cuore. Ma non pensate solo alla sua prima venuta, quando “è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10); pensate anche all’altra venuta, quando verrà per portarci con lui. Vorrei vedervi senza sosta occupati a meditare queste due venute, “ […. ] dormire tra i due ovili” (Sal 68,14), poiché sono le braccia dello Sposo tra le quali riposava la Sposa del Cantico dei Cantici: “La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia” (2,6) […. ].Ma c’è una terza venuta tra le due che ho menzionato, e coloro che la conoscono vi si possono riposare per la loro più grande felicità. Le altre due sono visibili: questa no. Nella prima il Signore “è apparso sulla terra e ha vissuto fra gli uomini” (Bar 3,38)… ; nell’ultima “Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio” (Lc 3,6; Is 40,5)… Quella centrale è segreta; è quella dove solo gli eletti vedono il Salvatore nell’intimo di se stessi e dove le loro anime sono salvate. Nel primo avvento, Cristo è venuto nella nostra carne e nella nostra debolezza; nell’avvento intermedio viene in Spirito e potenza; nell’ultimo verrà nella sua gloria e maestà. Ma è con la forza delle virtù che si arriva alla gloria, come è scritto: “Il Signore degli eserciti è il re della gloria” (Sal 24,10), e nello stesso libro: “Per contemplare la tua potenza e la tua gloria” (Sal 63,3). La seconda venuta è dunque come la via che conduce dalla prima all’ultima. Nella prima Cristo è stato la nostra redenzione; nell’ultima apparirà come la nostra vita; nella venuta intermedia è nostro riposo e consolazione. (BERNARDO DI CHIARAVALLE, Omelie 4 e 5 per l’Avvento).
Ma come possiamo attendere con trepidazione, accogliere questa luce e PORTARLA NELLA PASTORALE?
L’Avvento ci insegna la “vigilanza”: l’attitudine spirituale che meglio esprime la condizione del pellegrino. È la condizione di chi vive in modo cosciente, lucido e critico, il rapporto con il tempo per trasformarlo in occasione di incontro con i valori che ci fanno pregustare già qui e ora le realtà future.
L’Avvento è la metafora della vita cristiana come movimento, ricerca, cambiamento.