La conversione missionaria della Chiesa e della pastorale
Come si traduce oggi questa docilità all’azione dello Spirito nella Chiesa? Come possiamo continuare a vivere la vita nuova del vangelo nel nostro tempo? Come la Chiesa può continuare la sua opera missionaria?
Papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato, ha inaugurato una nuova fase della ricezione del Concilio Vaticano II e della sua spinta riformatrice. Potremmo dire che tutto il suo magistero verte sulla prosecuzione dell’opera di rinnovamento della Chiesa e della sua missione che il Vaticano II avviò. È lo stesso Papa Francesco ad affermare, nell’enciclica Laudato si’ al numero 3 che l’Evangelii gaudium è rivolta
«ai membri della Chiesa per mobilitare un processo di riforma missionaria ancora da compiere» (LS 3).
E che cosa significa parlare di riforma? Significa parlare di conversione sinodale e missionaria di tutto il Popolo di Dio e di tutti nel Popolo di Dio.
Un’espressione emblematica ormai diventata familiare è “Chiesa in uscita”: una chiamata ad incontrare l’umanità sulle strade del mondo che nasce dalla stessa iniziativa di Dio che per primo ha percorso le nostre strade. Papa Francesco afferma al numero 24 di EG: “La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr. 1 Gv 4,10)”, e per questo essa deve fare lo stesso andando incontro agli uomini e alle donne e affrontando le odierne sfide antropologiche e pastorali. È molto efficace anche il richiamo che troviamo al n. 27 che invita la Chiesa tutta ad attuare una decisa scelta missionaria “capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione”.
Da questi passaggi magistrali (e da molti altri in realtà) emerge con chiarezza che la missione è anche criterio guida per il rinnovamento della Chiesa stessa che deve tendere a raggiungere tutti nel loro specifico stato di vita. Per questo, proprio perché viviamo in un tempo di grandi cambiamenti, la conversione missionaria della Chiesa richiede nuove attenzioni antropologiche e proposte pastorali profetiche e innovative.
In quest’ottica risulta particolarmente importante la riflessione sulla presenza della Chiesa nel territorio e, in particolare, sul ruolo della parrocchia come luogo in cui la comunità cristiana si può fare prossima e dove i fedeli possono fare esperienza di che cosa significhi essere Chiesa. Naturalmente in questa riflessione è anche compresa la tendenza, oggi sempre più naturalmente diffusa, a dilatare lo spazio delle comunità parrocchiali, in unità o zone pastorali guidate da ministri che esercitano il proprio ministero su diversi fronti.
Alla luce di questa riorganizzazione della Chiesa diventa ancora più urgente non solo garantire la presenza dei pastori nelle diverse comunità ma, soprattutto, individuare prospettive che permettano di rinnovare le strutture parrocchiali “tradizionali” in chiave missionaria.
“È questo il cuore della desiderata conversione pastorale, che deve toccare l’annuncio della Parola di Dio, la vita sacramentale e la testimonianza della carità, ovvero gli ambiti essenziali nei quali la parrocchia cresce e si conforma al Mistero in cui crede”.
Istruzione “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa” a cura della Congregazione per il Clero, n. 20
Lo stesso Papa Francesco al n. 28 dell’Evangelii Gaudium si esprime così: «La parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha una grande plasticità, può assumere forme molto diverse che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità. Sebbene certamente non sia l’unica istituzione evangelizzatrice, se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente, continuerà a essere “la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie”. Questo suppone che realmente stia in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi. […] Però dobbiamo riconoscere che l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente, e siano ambiti di comunione viva e di partecipazione, e si orientino completamente verso la missione».
In questo tentativo di rinnovare le strutture pastorali e superare la concezione tradizionale di parrocchia, diventa quindi centrale pensare ad una pastorale organica che coinvolga le comunità nel più ampio cammino diocesano, in modo che la spinta missionaria non avvenga solo da alcuni figure delegate ma dallo stesso Popolo di Dio configurato sul mandato missionario del proprio battesimo. Un Popolo formato da diverse membra: presbiteri, diaconi, consacrati e fedeli laici, coinvolti nell’evangelizzazione secondo l’originalità del proprio dono e del proprio ministero ma tutti ugualmente guidati dallo Spirito.