“Dove va una società senza empatia?”
Tra le tante contraddizioni del mondo contemporaneo emerge con urgenza la necessità di costruire relazioni vere
Viviamo in una società apparentemente avviata verso un sviluppo sfrenato in moltissimi settori, ma che vive ancora drammi senza tempo come la guerra, il femminicidio, il razzismo. Passeggeremo nello spazio, interrogheremo intelligenze artificiali sempre più evolute, utilizzeremo tecnologie nuove e che ancora neanche ci immaginiamo ma solitudine, violenza e mancanza di empatia la fanno ancora da padrone. Nonostante gli apparenti “progressi” a cui tutti assistiamo esistono ancora domande senza tempo e questioni aperte che caratterizzano il cuore stesso della nostra umanità.
È evidente che non possiamo smettere di cercare e di porci domande sulle dimensioni più profonde della nostra esistenza. Il bisogno costante di crescita, cambiamento, educazione non tocca solo gli aspetti tecnologici, economici e sociali ma tocca il nostro essere persone che quotidianamente vivono di emozioni, sentimenti, relazioni, districandosi tra fragilità sempre più evidenti. Molti esperti sono concordi nel dire che queste nostre fragilità hanno origine dall’evidente fatica a pensare l’altro, diverso da noi, unico nella sua identità ma spesso così difficile da comprendere. Il professor Mauro Magatti tempo fa su “Avvenire” formulava proprio questa domanda: «Dove va una società senza empatia?».
È necessario lavorare per un’alfabetizzazione emotiva e relazionale in tutte le età della vita, a partire dai primi passi fino alla presunta maturità della vita adulta. Oggi più che mai il bisogno di confrontarsi con l’altro nasce dall’evidente necessità di conoscere se sé stessi. E questa riflessione deve essere stimolata come prioritaria anche nei processi formativi. Quanti ragazzi, di fronte ad un adulto competente, appassionato che non solo insegna ma che vive ciò che insegna, fanno percorsi di vera e propria scoperta di sé stessi e degli altri. Quanti, d’altro canto, invece non sono in grado di muovere neanche un passo e rimangono paralizzati nei loro fallimenti, dolori, crisi perché incapaci di affrontarli e soli nel farlo.
Le giovani generazioni soprattutto (ma dovremmo dedicare una riflessione specifica anche alla crisi del mondo degli adulti) sentono la costante necessità di confronto e di condivisione e desiderano un modo del tutto nuovo di interagire tra di loro e con il mondo degli adulti. In una società iperconnessa, le relazioni che quotidianamente vengono vissute hanno bisogno di competenze relazionali specifiche, per trovare spazi di fiducia da abitare.
Una domanda che potremmo porci per attivare questo processo di riflessione potrebbe essere: Siamo in grado di identificarci con l’altro, con nostro figlio/a, con i nostri studenti per condividere un cammino di crescita?