Annunciare la pace
Armonizzare le differenze per costruire una società nuova
Assistiamo inermi ai racconti dei diversi conflitti in atto, impotenti davanti alle atrocità che quotidianamente i media riportano, consci di dover portare un messaggio di fede e di speranza ma consapevoli di essere in molti casi solo spettatori di scenari che vanno molto al di là delle nostre azioni.
Questo stato d’animo, vero per alcuni versi, è altresì ingannevole per altri: come tutta la storia della salvezza ci insegna, l’annuncio del Vangelo non è disincarnato ma deve avere delle conseguenze sulla nostra vita e sul tempo in cui viviamo anche se non potremo influire direttamente su scenari politici troppo lontani da noi. La nostra missione evangelizzatrice è efficace e avrà comunque delle conseguenze nella storia anche se svolto nel nostro piccolo.
La fiducia nella potenza del Vangelo di costruire la pace, emerge in modo dirompente nel IV capitolo dell’Evangelii Gaudium, un capitolo tutto dedicato alla costruzione del bene comune e di quella pace che può essere solo frutto di scelte chiaramente indirizzate all’edificazione di una società nuova e diversa.
Papa Francesco in questo capitolo ci consegna quattro strade (nn. 221-237) sulle quali incamminarci, «quattro principi che orientano specificamente lo sviluppo della convivenza sociale e la costruzione di un popolo in cui le differenze si armonizzino all’interno di un progetto comune» (EG 221). Prima di descriverli brevemente ci sembra importante soffermarci sulla valenza a tutto tondo di questi principi: vanno letti e interpretati non solo in una visione sociale dell’opera evangelizzatrice della Chiesa ma sono profetici anche dal punto di vista pastorale perché nascono dalla logica dell’incarnazione e non possono quindi non essere validi per tutte le principali sfide che l’umanità è chiamata ad affrontare.
1. Il tempo è superiore allo spazio (EG 222-225)
«Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone (…) Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi (…), privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci». (EG 223)
Che cos’è oggi prioritario? Mettere in moto dei processi senza l’illusoria pretesa di risultati veloci e immediati ma considerando un orizzonte di speranza, di cambiamento e di apertura verso il futuro, proprio come fa il seminatore quando esce a seminare… (Mc 3,26ss). Chi chiude questo orizzonte molto spesso lo fa per possedere un proprio spazio di facili sicurezze personali e non di fiducia verso le forza delle relazioni.
2. L’unità prevale sul conflitto (EG 226-230)
«Di fronte al conflitto, alcuni semplicemente lo guardano e vanno avanti come se nulla fosse, se ne lavano le mani per poter continuare con la loro vita. Altri entrano nel conflitto in modo tale che ne rimangono prigionieri, perdono l’orizzonte, proiettano sulle istituzioni le proprie confusioni e insoddisfazioni e così l’unità diventa impossibile. Vi è però un terzo modo, il più adeguato, di porsi di fronte al conflitto. È accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo». (EG 227)
In questo modo troviamo lo spazio per una nuova comunione, che non nasce solo dalle accettazione consapevole delle differenze ma è ben di più: è la capacità di valorizzare posizioni divergenti per scoprire all’interno di esse valori da non perdere. Solo in questo modo è possibile andare insieme oltre il conflitto, riunendo le migliore energie e creando nuovi legami.
3. La realtà è più importante dell’idea (EG 231-233)
«La realtà semplicemente è, l’idea si elabora. Tra le due si deve instaurare un dialogo costante, evitando che l’idea finisca per separarsi dalla realtà. È pericoloso vivere nel regno della sola parola, dell’immagine, del sofisma».(EG 231) Il Papa ci sollecita ad evitare il rischio di nascondere la durezza della realtà: spesso è più facile costruire idee che ci permettano di affrontare le difficoltà piuttosto che guardarle in faccia. La Chiesa stessa è chiamata in primo luogo ad avere questo sguardo sincero sul proprio cammino per riuscire a «mettere in pratica la Parola, a realizzare opere di giustizia e carità nelle quali tale Parola sia feconda. Non mettere in pratica, non condurre la Parola alla realtà, significa costruire sulla sabbia, rimanere nella pura idea e degenerare in intimismi e gnosticismi che non danno frutto, che rendono sterile il suo dinamismo». (EG 231)
4. Il tutto è superiore alla parte (EG 234-237)
«Il tutto è più della parte, ed è anche più della loro semplice somma. Dunque, non si dev’essere troppo ossessionati da questioni limitate e particolari. Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi. Però occorre farlo senza evadere, senza sradicamenti. È necessario affondare le radici nella terra fertile e nella storia del proprio luogo, che è un dono di Dio. Si lavora nel piccolo, con ciò che è vicino, però con una prospettiva più ampia. Allo stesso modo, una persona che conserva la sua personale peculiarità e non nasconde la sua identità, quando si integra cordialmente in una comunità, non si annulla ma riceve sempre nuovi stimoli per il proprio sviluppo. Non è né la sfera globale che annulla, né la parzialità isolata che rende sterili». (EG 235)
Siamo invitati a camminare con i piedi per terra ma con lo sguardo rivolto ad un orizzonte più ampio per scoprire un bene più grande! Non dobbiamo dimenticarci delle necessità delle realtà più piccole, ma non dobbiamo neanche rimanere chiusi in esse cercando un bene comune che le incorpori tutte.
Quattro strade su cui incamminarci non solo per comprendere la realtà ma anche per trasformarla. Una trasformazione che segue un fine bene preciso: attivare processi che permettano di superare i conflitti che incontriamo nelle nostre realtà per essere uniti in un unico corpo, quello di Cristo!